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Walter Benjamin, uno dei "profeti" culturali del Novecento, morì in una piccola località sulla frontiera spagnola; fuggiva dalla Francia occupata e si suicidò per timore di essere riconsegnato alla Gestapo. Era ebreo oltre che antinazista. La sua fine è abbastanza nota. È invece per lo più ignota la vicenda delle personalità con cui più vivamente e drammaticamente si intrecciò la sua storia e, in parte, la sua attività: Georg, il fratello minore, medico, dirigente comunista, soppresso a Mauthausen nel 1942, la sorellina Dora, sociologa e attivista, esule a Parigi con Walter dal 1933 e morta in Svizzera dov'era in esilio, la cognata Hilde, militante clandestina antinazista e madre di un bambino "meticcio" da sottrarre allo sterminio, poi giudice supremo nella DDR e ministro della Giustizia, distintasi nella prosecuzione giudiziaria dei criminali nazisti. L'autore di questa inchiesta storica, basata su documenti sconosciuti e su conversazioni con i protagonisti, li definisce "una famiglia tedesca". E infatti la loro vicenda collettiva di disperazione di morte e di coraggio, è aggrovigliata in modo indistinguibile con la stessa storia della Germania. E il racconto di essa si staglia sullo sfondo della vita in Germania, prima e dopo il 1933.